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[my2cents] Tornei Multigioco… ecco perché mi piacciono.

Ho sempre giocato esclusivamente con il fine di divertirmi, ovvero per vincere, perché a perdere non si diverte nessuno. Il divertimento, nell’ambito dei giochi da tavolo, è anche veicolato dalle persone con le quali si gioca, dal loro “stile”, e dalla situazione nella quale ci si trova. É un po’ come gustarsi il proprio piatto preferito: diventa difficile se tra i commensali ci sono frantumazebedei oppure se l’ambiente non è sufficientemente accogliente. Non ho mai voluto provare a partecipare a tornei di giochi da tavolo: non mi è mai interessato giocare con il supernerd di turno che conosce a memoria tutte le possibili combinazioni delle tessere di Carcassonne, oppure con il Rain Man  che ti dice che “tanto a Puerto Rico hai perso di 3 punti, anche se mancano ancora 5 turni alla fine”.

L’unica eccezione che mi concedo è quella dei tornei multigioco, rigorosamene a squadre. Il primo torneo al quale partecipai fu organizzato dall’associazione ludica SlowGame: negli anni, è diventato un piacevole appuntamento “fisso”. Nel 2015 partecipai anche al torneo multigioco dell’associazione In Ludo Veritas, del quale fui tra i sostenitori; recentemente sono sopravvissuto alla prima, divertente, edizione di quello organizzato da SpazioGioco. So bene che in Italia abbiamo i rinomati Italian Masters, se non sbaglio arrivati all’undicesima edizione, tuttavia mi piace più il format sperimentato dagli amici di SlowGame e ripreso anche dalle altre associazioni.

Come prima cosa, partiamo dai giochi: in massimo otto ore, si giocano diciotto titoli differenti, apparecchiati in sequenza su quattro tavoli; alcuni giochi sono da hardgamer, altri sono più smart; alcuni sono nuovi, altri dei classici molto conosciuti. Giusto per fare un esempio, nell’ultimo torneo le squadre si sono sfidate su questi titoli: Caylus, Terra Mystica, St. Petersburg, Splendor, TTR Europa, Alhambra, Marco Polo, Vanuatu, Abyss, Takenoko, Bruges, San Juan, Puerto Rico, El Grande, Kingsburg, Dominion, Florenza CG, 7 Wonders; la preparazione al torneo diventa anche la “scusa ideale” per vincere la pigrizia ed imparare qualche gioco non conosciuto, oppure per coprire qualche attacco di acquisto compulsivo. Nel mio caso, ho avuto l’occasione di provare Vanuatu, Bruges e San Juan.

Il secondo aspetto riguarda le squadre, composte da un minimo di quattro giocatori (ad un massimo di sei) che devono distribuirsi i diciotto giochi: non è sempre facile accordarsi con i propri sodali ludici su come dividersi i giochi, rispettando le preferenze individuali e mantenendo qualche chance di rimanere competitivi. Già, dimenticavo la competizione. Anche in questo caso la regola aurea è: “se non vuoi vincere, non giocare”stay hungry. La fame di vittoria è tuttavia subordinata al desiderio di passare una bella giornata, divertendosi in compagnia di giocatori che, forse, non conosciamo, ma con i quali condividiamo la grande passione per il gioco da tavolo.

Concludendo, vorrei ringraziare chi si fa promotore di queste iniziative: se i tornei multigioco a squadre esistono, è perché c’è qualcuno che ci dedica tempo ed energie. Buon (multi)gioco a tutti!

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