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[not4me] Apollo XIII, Houston, we have a problem

Forse abbiamo avuto un problema. Ho giocato ad Apollo XIII (2015, Andrea Crespi) e non mi sono divertito.

Rientrato dalla missione mi sono fermato un attimo a “riavvolgere il nastro”, per cercare di capire che cosa, nel mio caso, non avesse funzionato. Le premesse per piacermi c’erano tutte: il tema mi ha sempre intrigato moltissimo, mi piacciono i giochi cooperativi e sono interessato ai sistemi di gioco card driventuttavia l’esperienza di gioco non mi ha entusiasmato. Ne ho parlato con l’autore che, dimostrando grandissima disponibilità, mi ha dato qualche suggerimento su come “approcciare il gioco”. Ho deciso di provare a giocarci nuovamente e, in un contesto più rilassato, ho apprezzato maggiormente alcune meccaniche che mi erano sfuggite nella prima partita. Tuttavia la scintilla non è scattata.

L’ambientazione è curatissima e l’aderenza ai fatti storici, realmente accaduti, è stata “certificata” dalla NASA che ha anche fornito foto e immagini originali; durante la partita ho quasi avuto l’impressione di assistere realmente allo svolgimento della missione. Forse è questo il punto critico: “assistere”. Più che un protagonista, mi sono sentito come uno “spettatore”.

La meccanica principale, che riguarda la gestione dell’equilibrio instabile del livello di tensione, è  molto interessante: riesce a simulare bene la gestione del livello di stress. Se un astronauta è troppo rilassato, difficilmente riuscirà a reagire velocemente in caso di pericolo; se è troppo stressato, finirà per non essere efficace e la situazione potrebbe degenerare compromettendo la missione. In termini di gioco, ciò equivale a mantenere gli otto indicatori dei parametri della missione in un intorno di un valore prefissato, molto prossimo al “punto di rottura”. Scendere al di sotto di questo valore permette di guadagnare la possibilità di agire anche nel turno degli altri giocatori (tramite l’utilizzo di alcuni gettoni speciali) aumentando le azioni disponibili.

Forse ciò che non mi ha fatto apprezzare pienamente il gioco è proprio il fatto che questa “tensione” non viene trasmessa al giocatore; anche con il limite di tempo imposto dalla clessidra nella fase delle azioni, il pericolo non è percepito in modo diretto e incombente. Provo a fare un esempio. Le carte storia agiscono direttamente sui parametri della missione, peggiorandoli, ma non hanno effetti “continui”: se un problema peggiora la salute fisica degli astronauti, esso si esaurisce nel turno corrente. Non scatta il meccanismo psicologico dell’anticipazione degli effetti nefasti degli eventi. Immaginate, invece, un problema sui filtri dell’ossigeno che rimane in gioco e, se non risolto, turno dopo turno avvicina gli astronauti alla morte per soffocamento, peggiorando gradualmente gli indicatori di salute fisica oppure mentale. Poi subentra un problema energetico che obbliga a scegliere quale subsistema disattivare per evitare la morte per congelamento. E così via.

L’altro aspetto che non mi convince è l’assenza di “suddivisone” del mazzo giocatori; mentre le carte storia sono suddivise, temporalmente, in sette mazzetti, il mazzo dei giocatori è unico e contiene carte che dovrebbero essere giocate, per ottenere il massimo beneficio, in una particolare fase della storia. Se da un lato questo spinge ad andare in soccorso degli altri giocatori, tramite l’utilizzo dei gettoni bonus che permettono di agire al di fuori del proprio turno, molto spesso le carte vengono semplicemente scartate per avere un’azione aggiuntiva oppure per avere dei miglioramenti futuri. Forse sarebbe stato meglio prevedere il mazzo dei giocatori suddiviso in tre periodi: early, mid e late game.

Concludendo, pur apprezzando moltissimo la cura con cui è stata ricostruita la missione dell’Apollo XIII, e l’utilizzo di alcune meccaniche non comuni nell’ambito dei giochi cooperativi, ho trovato il titolo un poco “freddo”: molto sfidante dal punto di vista del “lavoro di squadra” ma “quasi astratto” per ciò che riguarda il coinvolgimento emotivo (mia personale opinione). Come sempre, se dovesse capitarvi,  non lasciatevi scappare l’occasione di fare una partita.

Okay, Houston, we’ve had a problem here

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