supercazzole

KickStarter, senza giri di parole

Mi sono accorto, con stupore, di non avere ancora affrontato il tema “crowdfunding” che, per semplicità, considererò sinonimo di “Kickstarter” (KS): non è esattamente la stessa cosa, ma la considero una buona approssimazione. Come sempre, in rigoroso ordine sparso, annoto due idee che mi potrebbero tornare utili nella varie discussioni: ormai un po’ di sana polemica sui KS non la si può negare a nessuno.

Il principio di base è estremamente interessante. Ecco una sintesi di come funziona il processo “idea2market” (ovviamente contestualizzato nell’ambito dei giochi da tavolo): (1) Ho un’idea –> (2) preparo un progetto di fattibilità –> (3) stimo le risorse che mi serviranno per realizzarla –> (4) cerco le risorse per finanziarla –> (5) ottengo le risorse –> (6) realizzo la mia idea –> (7) la metto in commercio.

Ovviamente la voce “ottengo le risorse” è la più critica ed è strettamente connessa alla mia identità: io, chi sono? Sono un appassionato che vorrebbe proporre il suo primo gioco? Un editore? Sono un localizzatore? Sono un distributore? Un “editore-distributore” che vende al dettaglio? E se sono un editore, che editore sono? un editore che va in giro con l’ape car per “spacciare” giochi nei parchetti, oppure uno quotato alla Borsa di Hong Kong?

La mia identità, insieme ad altri fattori, determina il mio costo medio ponderato del capitale (WACC), ovvero quanto mi costa avere a disposizione le risorse per passare dall’Idea al Mercato.

Se sono un appassionato e necessito di 15.000€ per realizzare il mio primo gioco, e non voglio passare sotto le “forche caudine” di un editore (anche se spesso mi servirebbe), che cosa faccio? vado a rapinare una banca  a farmi ridere in faccia in banca ipotecando la casa? ma anche no, grazie: adesso ho la possibilità di “farmi finanziare” da altri appassionati che, dietro la promessa di avere una copia del mio prodotto, necessariamente “pimpato” con qualche esclusiva , sono disposti a cacciare il grano fidandosi di me (ps: ovviamente anche i costi di spedizione sono tutti a carico loro). Tutto chiaro fin qui? riassumo per chi si è un po’ perso:

“Ciao Mike, ho deciso che farò il mio primo gioco stra-mega-super-bello che sarà così, guarda qui… [mostro qualche disegnino]. Ma ho bisogno di te! se mi dai 70€ tra un anno, ma non garantisco, vedrò di spedirtelo direttamente a casa… ah già, per quello magari dammi altri 15€ che sai, i corrieri costano. Però ti avviso che fai un affare perché poi non si troverà più oppure lo pagheresti 80€… e poi, sai che ti dico? ci aggiungo anche queste cose bellissime [mostro un altro disegno] che nessun altro potrà avere… sì ok, non sono fondamentali per giocare, ma vuoi mettere??? …se ti interessa puoi dare i soldi a Johnny er cravattaro… lui li tiene per un mese e io non posso toccarli: ho circa 28 giorni per trovare altre 599 persone come te, che sono interessate e vogliono contribuire, quindi… spargi la voce più che puoi!!! se poi non le trovo, Johnny ti ridà i tuoi soldi e amici come prima”.

Ebbene sì, qualcuno potrebbe anche non crederci ma… questa cosa funziona! e funziona talmente bene che anche chi i giochi “li fa di mestiere” ha deciso di utilizzare il Crowdfunding per azzerare (quasi) qualsiasi tipo di rischio di impresa. Poco importa se, invece di “finanziamento”, ormai si tratta di  pura “prevendita” capace di generare “anticipi da clienti” a 360 giorni (il CCN ringrazia di cuore!): al consumatore finale questo modello piace. 

Ma questa “riduzione del rischio”, e quindi dei costi ad esso intrinsecamente connessi, è condivisa in modo equo con il consumatore/finanziatore finale? A mio avviso la risposta è negativa: non lo è (Per ora evito di addentrarmi in analisi quantitative più accurate, ci tornerò sicuramente in futuro se a qualcuno interesserà).

L’effetto ultimo di questo nuovo modo di fare business è di provocare sensazioni simili a quelle generate da un rotolo di carta vetrata utilizzato al posto della carta igienica: a qualcuno potrà anche piacere… molti ne farebbero volentieri a meno. Ormai i KS sono generatori perpetui di supercazzole prematurate.

Chi è interessato ad un progetto fa di tutto per pomparne l’HYPE  e sbloccare gli stretch goal finendo per spammare in ogni dove. Chi vuole vendere, a peso d’oro, i prodotti ottenuti con i KS viene tacciato da qualche negoziante, forse frustrato dall’accorciamento della filiera, di “circonvenzione di incapace”. Chi prende qualche “sola” non ammette di essere stato un allocco e persevera nel difendere, a spada tratta, veri e propri giochi spazzatura…

Anche in questo caso, la domanda che mi pongo da giocatore, consumatore e “finanziatore” (quasi seriale) di KS, è molto semplice: cui prodest? tirate le somme, forse non a me…

Credo che i tempi siano maturi per sedersi un attimo a ragionare.

KS_Crowdfunding

 

 

Un pensiero riguardo “KickStarter, senza giri di parole

  1. Le piattaforme di Crowdfunding o meglio KS che attuano un modello reward Based, cioè tu mi doni una cifra minima x ed io ti ricompenso con l’oggetto y (nel mondo del GdT 1 copia del gioco) è sicuramente un modello interessante, e chi finanzia questo modello si assume dei rischi economici e di ricevere un gioco pensato in tutta fretta.
    Uno dei problemi principali, che può minare a medio-lungo termine la fiducia in questo sistema di finanziamento, è la mancata realizzazione del progetto a fronte del successo della campagna e conseguente incasso dei soldi da parte dei proponenti.
    Il modello dovrebbe essere rivolto esclusivamente ai NON PROFESIONISTI del settore altrimenti si tratta di PRE-VENDITA a rischio zero.

    Di contro come utilizzatore della piattaforma da lungo tempo anche in ambiti non GdT e con più di 120 KS supportati, ad oggi ho avuto 1 solo incidente di percorso dovuto ad una cattiva capacità manageriale di chi ha proposto il progetto. Di questi progetti ho almeno una decina di Reward che sono dei “pezzi unici” perchè chi ha realizzato il prodotto l’ha fatto per li puro gusto della Gloria e sono dei felicissimi acquisti.

    Almeno altrettanti GdT (10 ks) sono prodotti che hanno avuto una realtà locale in Svezia, Polonia, Nuova Zelanda, etc e che a meno di frequentare Essen o pagarli una badilata di soldi la vendita nei negozi europei è quasi proibitiva quindi il KS mi ha consentito di risparmiare moltissimo.

    Tirando le somme è un modello che piace perchè ha più vantaggi che rischi, ma dobbiamo essere sempre coscienti che è una puntata alla roulette con un 99% di vincere ed 1% di perdere, quindi ciò che mettete come soldi considerate sempre la possiità di perderli.

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