Ho deciso di dedicare ancora qualche riflessione a KeyForge. Ricomincio esattamente dove ho terminato un paio di settimane fa (
ne avevo parlato qui), ovvero da quanto dichiarato dall’autore del gioco :
“If you compete to win this game might not be for you, but if you love to compete you should try this game.” (R.Garfield).
Mi piace moltissimo l’idea del “piacere della competizione” piuttosto che del “competere per vincere”, ad ogni costo (so già che molti giocatori abituati al pay2win non ne capiranno mai la differenza).
Il sistema dei “vincoli”, come spiegato nel manuale,
va proprio in questa direzione: sono più forte e decido di applicarmi delle penalità perché “voglio giocarmela fino all’ultima ambra”.
Il tema non è il “non vincere”, bensì il vincere “con onore”.
Riprendo, in questo contesto,
ciò che scrissi due anni fa parlando del gioco del GO:
“KeyForge non si basa sull’annichilimento dell’avversarioe la vittoria non si conquista approfittando della sua debolezza, perché ciò che conta veramente è combattere ad armi pari, rispettare la dignità dell’avversario ed evitare, in ogni modo, violenza e scortesia”

Leggendo la nota alla fine del regolamento (nella versione 1.1.1), appare molto chiaro il tipo di esperienza di gioco che Garfield voleva ottenere: “
quando uscirono i primi giochi di carte, la sensazione era quella di esplorare una giungla; man mano che le carte sono diventate più simili a dei singoli beni, tutto è diventato più simile a un parco dei divertimenti.
Nel parco dei divertimenti c’è una miriade di esperti pronta a dirvi come giocare, quali strategie adottare e quali mazzi usare; nella giungla dovete cavarvela con gli strumenti che avete in mano. Tutti hanno pari probabilità di essere i migliori del mondo nel giocare il proprio mazzo: non potete cercare in rete quali sono le sinergie o i punti deboli di un mazzo… potrete scoprirlo solo giocando.”

OK, abbiamo colto il vero spirito del gioco…
Sono partito acquistando il set-base (che già contiene due mazzi) e quattro mazzi aggiuntivi.
Dopo aver aperto i primi tre mazzi, mi sono fermato senza aprire anche gli altri: ho deciso di iniziare a studiarli “sul campo”, di addentrarmi nella giungla. Ho scelto un mazzo, Herr “Procione” Biggs, ed ho iniziato ad usarlo. Devo ammettere che Garfield riesce a descrivere benissimo le sensazioni che ho provato dopo qualche partita: stupore, curiosità, ammirazione e voglia di esplorare i limiti del mio mazzo. Confermo quanto già scritto:
KeyForge richiede sudore e sangue! Personalmente rimango ammirato dal cervellone superiore di chi, a partire dal semplice elenco delle carte del mazzo, riesce ad analizzare “in vitro”, in qualche millisecondo, la forza di un mazzo ancora incartato: quanti neuroni rubati alla scienza!
foto di gruppo di esperti di KeyForge
Ovviamente ognuno è libero di approcciare il gioco (e la fase di acquisto) come meglio crede. Voglio, tuttavia, concludere con un’ultima osservazione al limite della supercazzola: se si parla di “onore” è giusto fare riferimento soltanto ai giocatori oppure il discorso può essere allargato anche ad altre “categorie”? Mi riferisco a chi il gioco lo vende. Questo periodo può essere utile anche per “separare il grano dal loglio”: ci sono negozi che stanno sostenendo il gioco in modo molto professionale e
fair, altri che vogliono spremere dai giocatori fino all’ultimo euro. Liberi di farlo. Ma verrà un giorno…in cui i mazzi torneranno disponibili per tutti.
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