1969
Lancio i miei razzi nel cosmo e la donna volante mi appresto a colpire: lei per evitare l’impatto si infila in un nembo, ma è un tragico error…
Lancio i miei razzi nel cosmo e la donna volante mi appresto a colpire: lei per evitare l’impatto si infila in un nembo, ma è un tragico error…
The Manhattan Project è un “piazzamento lavoratori” dal motore così solido che potrebbe essere usato per arare i campi di Agricola. Sempre che non li abbiate bombardati prima.
Quest’anno, ad Essen, avevo trovate Uwe un po’ “appesantito” ma sempre estremamente cortese. I tavoli, apparecchiati con la sua ultima “creatura”, sembravano sul punto di cedere sotto il peso della componentistica, principalmente a base di cartone. Nessun “miracolo” ma un titolo piacevole, con un paio di idee innovative.
Quando un uomo con un fucile incontra un uomo che guida un mech, l’uomo con il fucile ha poco da ridere.
Anche un cinghiale può essere elegante. Approvato.
La piattaforma di gioco potrebbe ricordare un modello Lotka-Volterra a quattro predatori che competono per spartirsi una preda. I predatori sono quattro Compagnie, la preda da spartirsi è l’Africa del XIX secolo.
Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto.
Non sono riuscito a resistere alla tentazione. Oh my Goods!, il chiwawa dei giochi di gestione risorse, è entrato nella mia collezione. Galeotto fu l’hype, pompato dai commenti letti in giro, insieme alla dimensioni ridotte, al prezzo inferiore al deca, capace di mettere a tacere qualsiasi senso di colpa, e alle illustrazioni di Franz Klemens.
“Io ho sognato, un Giappone unificato, in una nazione forte, indipendente e moderna e ora noi abbiamo ferrovie, cannoni e abiti occidentali, ma… non possiamo dimenticare chi siamo, ne da dove veniamo.”
Affronto la lettura del regolamento davanti ad un buon caffè, di domenica mattina, mentre baby Jack fa un sonnellino. Due pagine di preparazione, due pagine per spiegare lo sviluppo della partita, tre per le azioni base, due per le regole “di contorno”. Nulla di impegnativo, abbastanza per far salire la scimmia: adoro meccaniche semplici capaci di generare dinamiche complesse.
Ogni mattina, nell’arcipelago di Vanuatu, un giocatore si sveglia sapendo che dovrà pagaiare parecchio per guadagnare qualche manciata di punti prosperità. Sa anche che deve alzarsi prima dei suoi avversari: ha bisogno di tempo per bruciare le loro piroghe.
Durante un attacco di acquisto compulsivo su Philibert, misi nel carrello anche questo titolo di Kramer. Sapevo che si trattava di un gioco del 2007 e che era una revisione di Tycoon, sempre di Kramer, uscito nel 1998; mi incuriosì il fatto di non averne mai sentito parlare. La “sostanza” di El Capitan è rimasta pressoché invariata in questi 18 anni, la “forma” è decisamente migliorata. Mi intriga apparecchiare un gioco le cui meccaniche sono coetanee de Il grande Lebowski, The Truman Show, Happiness e tutti pazzi per Mary.
“Io non creo niente: io posseggo. E noi facciamo le regole: le notizie, le guerre, la pace, le carestie, le sommosse, il prezzo di uno spillo. Tiriamo fuori conigli dal cilindro mentre gli altri, seduti, si domandano come accidenti abbiamo fatto. Non sarai tanto ingenuo da credere che noi viviamo in una democrazia: vero, Buddy? È il libero mercato, e tu ne fai parte”
Alcuni giochi appartengono ad un tempo lontanissimo, il tempo dei miti e delle leggende. Le meccaniche sono semplici ed eleganti, non c’è nulla di superfluo e tutto gira perfettamente. Quando la moglie non c’è, i coloni ballano.
Ieri sera mi sono mosso per la prima volta sulle tracce di Marco Polo, e mi sono divertito. Ho vinto: quindi il gioco non può non piacermi. Consiglierò a tutti i miei amici di giocarlo nuovamente con me e, se continuerò a vincere, forse continuerà a piacermi. Non vi spiegherò il regolamento, ciò mi annoia… Continua a leggere [played4you] Sulle tracce di Marco Polo