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[played4me] Oh my Goods!

Non sono riuscito a resistere alla tentazione. Oh my Goods! (2015, Alexander Pfister), il chiwawa dei giochi di (pseudo)gestione risorse, è entrato nella mia collezione. Galeotto fu l’hype, pompato dai commenti letti in giro, insieme alla dimensioni ridotte, al prezzo inferiore al deca, capace di mettere a tacere qualsiasi senso di colpa, e alle illustrazioni di Franz Klemens.

Il gioco è molto semplice, non sto qui a riassumerne il regolamento, e sfrutta la possibilità di usare le carte in differenti modi: come risorse (se giocate dalla mano oppure presenti nel mercato), come edifici (se costruite pagandone il costo) oppure come merci (se posizionate sopra ad un edificio).

Il mercato, creato ogni turno in due fasi, genera una dinamica di tipo press your luck nel momento in cui dobbiamo decidere quali edifici attivare nella fase di produzione e, conseguentemente, quale edificio provare a costruire: un piccolo brivido di tensione collettiva a downtime quasi nullo. Abbiamo comunque sempre la possibilità di “mitigare” l’alea tramite l’impiego di carte giocate dalla mano oppure tramite la costruzione di uffici commerciali.

Ho trovato molto interessante il sistema di gioco basato sulla trasformazione di materie prime in merci integrato con la meccanica di attivazione della catena produttiva: da soddisfazione osservare l’incremento di valore che subisce una merce passando da un edificio all’altro.

Oh my good! rimane comunque un gioco di carte che, a mio parere, va approccio con “leggerezza”: è un gioco che chiede di essere giocato rapidamente, quasi d’istinto, senza indugiare troppo sul payoff di ogni singola decisione. Se qualche vostro amico che ha provato il gioco vi sconsiglia di giocarci, chiedetegli quanto tempo ha impiegato per una partita: quando investo trenta minuti del mio tempo e perdo, magari di qualche punto, mi viene voglia di rigiocarci perché “è stata sfiga”; se perdo dopo un’ora di partita passata a soppesare attentamente ogni possibile opzione, anche quando è inutile, “è il gioco che fa pena”. In questo caso forse era meglio aggiungere mezzora e giocare direttamente ad Agricola.

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