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Escape the Dark Castle

ImpenitentMeepleAward

Dopo anni di prigionia nelle profondità del castello oscuro, finalmente mi libero dalla mia cella. In una piccola stanza di pietra adiacente al blocco di celle c’è una vecchia cassapanca di legno. La serratura è aperta … all’interno trovo una Runa di Rengorn.

Sento dei passi avvicinarsi. Non posso indugiare oltre. Mi dirigo verso l’uscita, scivolando via e scomparendo nell’oscurità ..

Pensavo di essere l’unico fuggitivo, ma non è così. Abbot, Cook e Miller stanno scappando con me. Insieme potremmo anche sperare di farcela: forza, saggezza e astuzia sono le caratteristiche che potrebbero tenerci in vita fino all’uscita.

Questo passaggio ci porta oltre delle celle oscure e aperte. Dall’interno, il suono delle mani scheletriche che stringono l’acciaio è inconfondibile. Che cosa ci conviene fare? carichiamo gli scheletri guerrieri oppure li attiriamo fuori? Se li carichiamo rischiamo di subire maggiori danni… ma combatterli fuori dalle celle richiederà una forza maggiore…

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Escape the Dark Castle (Alex Crispin, Thomas Pike, James Shelton, 2017) è un gioco che mantiene tutto ciò che promette. E’ stato progettato con lo scopo di far provare una particolare esperienza di gioco e, a mio avviso, centra completamente il bersaglio.

Un gioco cooperativo, da uno a quattro giocatori, che richiede due minuti di set up e che ne dura circa trenta; le regole sono semplici, intuitive e si spiegano in cinque minuti. Lo scopo del gioco è riuscire a sopravvivere alla fuga dalle segrete del castello oscuro attraversando 15 stanze. Ogni stanza può contenere nemici da combattere, trappole, sfide e incontri. Se anche un solo personaggio muore, il gruppo perde.

Le meccaniche di base sono altrettanto semplici. Tutti i personaggi iniziano con lo stesso numero di punti vita ma con un differente “dado caratteristiche” (bianco) che determina l’abilità del personaggio nell’affrontare prove basate su forza, saggezza e astuzia. Durante il gioco ogni personaggio contribuirà, con il suo unico dado, alla risoluzione di combattimenti e sfide.

Quasi tutte le prove vengono gestite tramite il lancio di un numero variabile di dadi neri (con i simboli delle caratteristiche) che devono essere “sconfitti”, in uno o più round, tramite i dadi dei personaggi. Ogni round in cui la prova rimane attiva i personaggi perdono un certo numero di punti vita. Durante i combattimenti, che funzionano in modo analogo, ad ogni round un personaggio può fermarsi a “riposare” per recuperare un punto vita; quando tutti i dadi neri sono eliminati il nemico è sconfitto.

L’ultima “chicca” è rappresentata dagli oggetti che i giocatori possono guadagnare (dopo un combattimento) oppure trovare in giro. Ogni personaggio può portare un massimo di due oggetti (oppure uno a “due mani”) che possono avere effetti permanenti oppure “a consumo” (si scartano dopo l’uso).

Dopo aver superato 15 prove (carte storia) si arriva a fronteggiare il mostro finale… l’ultimo ostacolo alla nostra agognata libertà.

#escapethedarkcastle

Ogni azione deve essere ponderata attentamente, anche l’aprire una nuova stanza… perché alcune prove colpiscono direttamente il giocatore che apre la strada al gruppo. Gli autori sono riusciti, con una dozzina di dadi bianchi e neri e una meccanica base, a simulare molteplici situazioni differenti: Il combattimento di gruppo contro un mostro, il “faccia a faccia” contro dei briganti, la trappola delle lame oscillanti, il soffitto che frana sopra ad un personaggio del gruppo, ecc. La rigiocabilità è molto elevata poiché ogni partita utilizza 15 delle 50 carte castello e 1 dei 5 mostri di “fine livello”.

Bello, bello, bello! e divertente. Sia l’artwork, volutamente da retrogame, sia l’esperienza di gioco, richiamano le storie e le illustrazioni dei LibroGame degli anni ’80. Ovviamente il mix deve piacere… personalmente io lo adoro.

Volete un consiglio? vendetevi quella palla di TIME Stories (se lo avete) e regalatevi Escape The Dark Castle.

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