Questa volta non parlerò di gioco, ho voglia di raccontare qualcosa di me.
Mio figlio ha deciso, dall’alto dei sui 80 cm, che i primi ripiani della libreria devono essere liberati; fortunatamente i giochi di ruolo sono al sicuro sul quarto ripiano. Senza fare troppa attenzione mi inginocchio per raccogliere i libri dal pavimento; mentre li ripongo in modo semiautomatico nelle giuste posizioni rifletto sul potenziale esplosivo che può avere un bambino di poco più di un anno di età; nel frattempo la mia mente registra distrattamente i titoli che mi passano tra le mani: abissi d’acciaio, cronache della galassia, la routard di Parigi, la routard della Scozia, enigmi di logica laterale, il sussidio E…state a tempo.
Le mie mani si fermano: se fossi in un romanzo francese, mi sentirei trasportato improvvisamente nella stanza di zia Leonia, a Combray. Invece mi ritrovo nell’automobile di mia madre. Lei guida mentre io cerco di togliermi i vestiti per infilarmi pantaloncini e maglietta, contemporaneamente addento un panino. É l’estate del 1996 e ho appena finito la prima prova scritta dell’esame di maturità del liceo scientifico; preoccuparsi di quello che ho scritto su don Abbondio è inutile, non lo posso cambiare, e anche per la prova di matematica di domani angustiarsi non serve a nulla. In questo momento la mia unica preoccupazione è arrivare in tempo in oratorio: proprio oggi c’è il raduno decanale e ci sono seicento ragazzi da far giocare. Io mi sono preso in carico l’organizzazione del gioco pomeridiano delle medie; ho dovuto discutere con gli altri animatori per riuscire a non fare la solita caccia al tesoro, un mese di preparazione, e poi scopro che proprio quel giorno ci sarà il tema di italiano… in qualsiasi caso il gioco è pronto: Cluedo dal vivo! Ho utilizzato tre griglie logiche per selezionare gli insiemi di indizi ed arrivare a dedurre colpevole, luogo ed arma del delitto, tra poco scoprirò se non ho fatto cappellate…
Sono passati vent’anni da quel pomeriggio, in un raccoglitore conservo ancora il quaderno a quadretti con gli appunti del gioco: fu il primo “gioco da cortile” che riuscii a creare partendo da elementi semplici, mischiati in modo complesso, con l’obiettivo di fare qualcosa di Bello: “la Bellezza salverà il gioco”, scoprii tempo dopo. Nei quindici anni successivi ebbi la la fortuna di poter collaborare, come volontario, con l’ufficio di pastorale giovanile della mia diocesi “specializzandomi” nell’ambito ludico; immerso in questa realtà passai anche l’anno del mio servizio civile, ma questa è un’altra storia.
Durante questo periodo ebbi l’occasione di conoscere altre persone, appassionate, competenti e disponibili a condividere l’esperienza accumulata in anni passati gratuitamente in un cortile, sotto il sole o la pioggia, con un fischietto al collo; persone con le quale ideare e sperimentare nuovi giochi, oppure modificare quelli “classici di una volta”. Quando scoprii il mondo dei giochi da tavolo, il primo fu Bang!, cercai immediatamente il modo per passare dal tavolo al cortile. Ci provai con Lupus in Tabula, giocato da sessanta persone, di notte, in un bosco della Valle d’Aosta, passando poi a Stratego, quattrocento ragazzi divisi in quattro squadre; la fatica più grande la feci con Chez Geek, nel quale le varie squadre dovevano impegnarsi per permettere al proprio personaggio di condurre una vita equilibrata e sana (accumulando Punti Sussistenza, Punti Relazione e Punti Salute) utilizzando in modo corretto il proprio Tempo Libero e il proprio Denaro.
Furono anni molto divertenti ed arricchenti, mi diedero un motivo per sviluppare competenze che non avrei mai trovato in alcun corso di laurea, ed evitarono che il Politecnico mi provocasse danni irreversibili. Molte delle idee sviluppate sono state raccolte e pubblicate nei sussidi diocesani, sono arrivate in molti oratori e hanno fatto divertire migliaia di bambini e ragazzi.
..vabbe’, finisco di rimettere i libri a posto che inizia Masha e Orso.
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