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CLANK! gioco fantastico a più dimensioni

Come accadde a molti, mi avvicinai per la prima volta a Magic nel 1994, nel periodo delle scuole superiori, quando in diecimila lire riuscivi a farci stare cinema, trancio di pizza e coca alla spina. Fu anche il periodo di D&D, dalla scatola rossa fino al set Immortal, che riuscì, più efficacemente di tre anni di filosofia, a spiegarmi i principi dell’universo multidimensionale. L’effetto finale delle varie “contaminazioni” potrebbe essere paragonato all’incontro, in Flatlandia, tra il quadrato e la sfera. Fortunatamente per le mie (scarse) finanze, tre anni dopo, ci pensò la gnocca il pendolarismo universitario a porre un freno, seppur temporaneo, a questa passione. Nel 1996, dopo aver visto Trainspotting, chiusi i miei mazzi di Magic in una capsula del tempo e mi ripromisi di non lasciarmi più trascinare nel tunnel dei “giochi di carte collezionabili” (mi ripromisi anche di stare alla larga dal seguito di Diablo I… ma questa è un’altra storia). Dodici anni dopo, nel 2008, arrivò Dominion: l’esperienza del deck-building distillata in un’unica scatola! 

Dominion integrò la fase di “preparazione del mazzo” (scelta delle carte, ottimizzazione, velocità, ecc) all’interno della fase di gioco; le meccaniche gestivano anche la creazione del “motore di gioco”, ovvero il mazzo di carte. L’elevato numero (3.268.760) di combinazioni possibili delle carte utilizzate rende impossibile qualsiasi pianificazione strategica pre-partita: per vincere occorre intuire, nella fase di apertura, come sfruttare al meglio i 10 tipi di carte estratti casualmente. 

Negli anni seguenti il Deck-Building ha continuato il suo sviluppo in due modi: “monodimensionale”, ovvero come categoria di gioco (ad es. Thunderstone, Legendary, Star Realms, ecc), e in modo “bidimensionale”, ovvero come meccanica non dominante integrata con altre dinamiche “classiche” (ad es. Mythotopia, Great Western Trail, Eminent Domain, ecc).

Clank! (Paul Dennen, 2016) riesce, a mio avviso, ad aggiungere un’ulteriore “dimensione ludica”. Come sempre, proverò a riportare qualche “prima impressione” evitando di dilungarmi troppo nel riassunto del regolamento.

Il gioco è semplice, si spiega in cinque minuti (se i giocatori hanno già esperienza di deck-building) e “gira bene”. Vince il giocatore che accumula più punti vittoria esplorando i Dungeons (e le caverne) ed evitando di infastidire troppo il  Dragon(s) che ci vive. I punti si accumulano rubando artefatti, trovando oggetti magici, accumulando monete d’oro e ritornando incolumi al villaggio.

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Le carte del nostro mazzo di gioco permettono di eseguire tutte le azioni tipiche dell’esplorazione sotterranea. Le carte producono tre differenti tipi di “risorse volatili” (Punti Abilità, Movimento e Punti Attacco), monete d’oro (che possono essere accumulate), ed effetti speciali. I Punti Abilità servono per acquistare altre carte (deck-building), i Punti Movimento per procedere nell’esplorazione, infine i Punti Attacco (spade) servono per combattere i mostri ed evitare di perdere troppi punti vita durante l’esplorazione. Le abilità speciali includono sia le classiche azioni di manipolazione del mazzo (scarta, pesca, elimina, ecc), sia azioni di interazione con gli elementi di gioco “fisici” (token che rappresentano monete d’oro, oggetti magici,  artefatti, ecc) e con il tabellone di gioco.

Il motore di deck-building utilizza elementi già ampiamente testati e “robusti”: un paio di mazzetti base + trade row con le carte da acquistare, carte punteggio che appesantiscono il mazzo, nemici da combattere che danno ricompense immediate, carte che interagiscono con altri elementi di gioco, ecc. Tutto piacevolmente familiare.

L’ultimo elemento che voglio condividere riguarda alcuni “automatismi”, molto interessanti, che introducono un pizzico di  press your luck; l‘autore ha introdotto il concetto di “rumore”: i giocatori che si muovono nei dungeons, se sono disattenti, fanno “CLANK!” (rumore). Fare rumore equivale ad aggiungere ad una riserva comune un segnalino del proprio colore: esistono carte ed effetti speciali che permettono di agire su questa riserva aggiungendo, oppure togliendo, segnalini. Se il Drago viene troppo infastidito, cerca di attaccare i giocatori; ciò attiva un automatismo che: (1) fa spostare tutti i segnalini rumore all’interno di un sacchetto (che contiene già dei segnalini neutrali), (2) fa pescare dal sacchetto dei segnalini, il cui numero dipende dal livello di rabbia del drago: i segnalini neutrali vengono scartati mentre i segnalini dei giocatori si trasformano in “ferite” che fanno diminuire i “punti vita”. Altri automatismi incrementano il numero di segnalini pescati ad ogni attacco.

Questa meccanica è anche collegata alla fase di fine gioco, attivata dal primo giocatore che lascia i sotterranei con un artefatto, oppure dal primo giocatore che finisce tramortito dopo aver esaurito i punti vita: ciò determina l’inizio degli ultimi cinque turni di gioco.

Questa volta non ci sono colpi di scena finali: il gioco mi ha divertito e mi è rimasta la voglia di rigiocarci. Ho apprezzato moltissimo sia l’ambientazione, sia il modo in cui è stata utilizzata la meccanica del deck-building. Penso che concedere a CLANK! una partita di prova sia tempo ben speso.

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