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PLAY e le code… della gaussiana

Quest’anno non ho voglia di scrivere il mio resoconto “della PLAY”: ho riletto quello dell’anno passato (il 2016) e, tranne qualche piccola differenza, direi che è confermato al 97%. Eviterò quindi di raccontare le solite cose.

Leggendo i commenti (social) a questa edizione, mi sono reso conto che il premio “supercazzola del 2017” è stato vinto, con ampio margine, dal tema: “le code di attesa per provare i giochi”.  Per chi fosse interessato ad un punto di vista equilibrato e a “bassa dose di polemica”, consiglio l’articolo de Il Gioco; potrebbe esservi utile per le edizioni future.

Sinceramente anch’io, in un momento di debolezza, sono rimasto infastidito dal gruppetto di quattro ragazzi che dovevano ASSOLUTAMENTE finire la partita ad Adrenalina: vuoi mica che, dopo un’ora di gioco seduto al tavolo demo con altri quattro in piedi che ti gufano sulla spalla, non devi proprio terminare con un granata al ruttoplasma il tuo amico per fargli vedere che sei ganzo? (ok, sei ganzo! ma lui ti guzza la tipa). D’altro canto, l’esperienza di gioco deve “essere completa”, altrimenti come fai ad acquistare compulsivamente consapevolmente senza il videotutorial, sparato in retina, che ti dice com’è il gioco?

Il problema è tutto nelle code… della gaussiana. Nel caso specifico, ad essere oltre le due deviazioni standard dalla media, ero io che che ero scocciato del fatto che qualcuno non volesse “cedere il posto”, oppure quello seduto che voleva godersi la fine della partita senza pressioni esterne? questo approccio può essere applicato anche ad altri aspetti.

Farsi quattro ore di viaggio e pagare un biglietto per una fiera, che dura 11 ore, per poi sedersi ad un tavolo e giocare quattro ore a Through the Ages è sensato? Ha senso perdere tre ore per vendere  e scambiare giochi usati? Perché delle persone scelgono di perdere tempo in coda, alla biglietteria, quando tutti sanno che esiste la possibilità di acquistare i biglietti online?

Spesso dimentichiamo che il nostro “punto di vista” non è che la “vista di un punto” e  che potremmo essere noi, e non “gli altri”, a trovarci nelle code della gaussiana. Tendiamo anche a dimenticare che, salvo qualche rarissima eccezione, nessun ludotuttologo nostrano è realmente un “opinion leader” capace di spostare alcunché.

PLAY è così perché alcune persone decidono, a tavolino, di “disegnarla” in questo modo. C’è poco da fare: quando PLAY non mi soddisferà più, smetterò semplicemente di andarci.

PLAY2017

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